La giustizia deve ritrovare la centralità dell’oralità nel processo, soprattutto in ambito penale e civile. Nel corso della presentazione del Nono Rapporto sull’Avvocatura a cura di Cassa Forense e Censis, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha lanciato un messaggio chiaro: secondo Sisto, l’adozione massiccia dello smartworking e la crescente “trattazione scritta” introdotta dalla Riforma Cartabia hanno svuotato l’aula giudiziaria della sua funzione primaria: essere luogo di confronto vivo tra le parti.
La preoccupazione è la perdita dell’oralità, che indebolisce la meritocrazia nella professione e apre spazi incontrollabili all’intelligenza artificiale. E’ In aula che si manifesta davvero la bravura dell’avvocato, ed è proprio quel margine umano e argomentativo che può contenere derive automatizzate e impersonali del diritto.
Sul fronte dell’IA è intervenuto anche Francesco Greco, presidente del Consiglio Nazionale Forense, con una proposta ambiziosa, ovvero realizzare un sistema di intelligenza artificiale proprietario, costruito per e con l’avvocatura. Greco ha evidenziato la necessità che l’uso dell’IA non venga lasciato in mano a piattaforme generaliste, potenzialmente fallaci o non controllabili.
Il riferimento è a un recente caso presso il Tribunale di Firenze, in cui un avvocato ha presentato precedenti inesistenti generati da un chatbot AI. Episodi come questi rafforzano l’idea che il controllo sugli input e output degli strumenti digitali sia imprescindibile, specie in ambiti delicati come quello giuridico.
La proposta di Greco, accolta positivamente dal presidente della Cassa Forense Walter Militi, si inserisce in un dibattito più ampio sull’etica nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella giustizia. Come garantire che le decisioni supportate da AI siano affidabili? Come formare adeguatamente gli avvocati all’uso di questi strumenti, evitando scorciatoie pericolose?
Secondo il documento del Consiglio d’Europa (2018), l’impiego di AI nei sistemi giudiziari dovrebbe sempre rispettare principi di trasparenza, equità e supervisione umana. È su questo equilibrio che si gioca il futuro della professione legale.
Oltre all’IA, il confronto ha toccato anche il tema delle incompatibilità professionali. Il testo della nuova riforma dell’ordinamento forense prevede infatti una maggiore apertura alla partecipazione degli avvocati in ruoli societari, come la presidenza di CDA. Un passo avanti per una professione che vuole restare attrattiva e moderna.
Il futuro dell’avvocatura italiana si gioca su due fronti: da un lato, il recupero dell’identità tradizionale del foro – orale, argomentativa, dialettica; dall’altro, una visione moderna e controllata della tecnologia, dove l’intelligenza artificiale non sostituisce ma rafforza la competenza del professionista.
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